Addio Giacomo Tachis


di Erminia Eleonora Magli

Una settimana fa circa a San Casciano Val di Pesa, vicino Firenze, all’età di 82 anni ci lasciava un grande enologo, un grande uomo, Giacomo Tachis.

A lui si deve la cosiddetta rinascita del vino toscano o meglio ancora quella del vino italiano. La sua attività cominciò già nei primi anni ’60 quando venne assunto nella cantina di San Casciano del Marchese Antinori. Qui Giacomo Tachis cominciò a sviluppare un concetto nuovo di vino in Toscana, prima ancorata fermamente sul Chianti con uvaggio quasi solo Sangiovese. L’enologo torinese esplorò con grande successo una nuova strada creando dei vini con un blend di Sangiovese ma anche di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. In questi anni nacquero i primi “super tuscan” vini che esulavano dal solito schema e che potevano competere anche in ambito internazionale e quindi per l’esportazione.

tignanello_0Il primo esempio in assoluto fu il Tignanello dove furono assemblate uve di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc e il successo era ormai assicurato e a tutt’oggi è il vino di punta delle Cantine Antinori insieme al Solaia che ebbe sempre Tachis come padre il quale cambio il blend nelle percentuali rispetto al Tignanello dando priorità al Cabernet Sauvignon. Anche qui il risultato fu stupefacente con un grande successo di critica e Solaiaun grande apprezzamento fuori dai confini italiani.

Nel 1968 Giacomo Tachis offrì la sua consulenza al Marchese Mario Incisa della Rocchetta per creare il vero crack del vino in Italia, il Sassicaia. La rivoluzione risiedeva nel fatto che non venivano utilizzate uve Sangiovese ma solo Cabernet Sauvignon per  l’85% e Cabernet Franc 15%. Quasi un taglio bordolese. Il vino ebbe grande successo ma sopratutto fece tremare i francesi per la prima volta, loro che del vino ne fanno un vanto sopratutto nei confronti dell’Italia. Molti critici e sommelier si sono esercitati in degustazioni a bottiglie coperte contro i Gran Premiere Crù francesi ed il Sassaia in molte occasioni ne è uscito vincente.

sassicaiaNel corso della sua fantastica carriera Giacomo Tachis ha collaborato con altre cantine, una tra queste è la Tenuta di San Leonardo creando il San Leonardo, un perfetto taglio bordolese con risultati strepitosi, in Italia nessuno sapeva lavorare il Cabernet Sauvignon come Tachis, un vero genio che guardava anche al futuro, individuando nella Sardegna e Sicilia due terre dal grande potenziale, sopratutto per i loro vitigni autoctoni.

La filosofia dell’enologo che ha cambiato il mondo del vino era quella che non bisognava fare dei prodotti monovarietali ma sempre aggiungere nel blend qualcosa che caratterizzava il territorio per dare personalità al vino. Per esempio in Sicilia si poteva fare molto con il Cabernet ma c’era la necessita di aggiungere del Nero d’Avola per marcare il territorio. Diceva sempre che il Sangiovese doveva essere grato al Cabernet perché dava più morbidezza ed eleganza al vino.

Tra i vitigni che aveva cominciato ad amare e che potevano esprimere un grande potenziale erano il Carignano, il Nero d’Avola così come Nebbiolo e Barbera.

Negli ultimi tempi era molto critico nei confronti dei produttori italiani, troppo impegnati nell’usare tecnologie d’avanguardia in cantina che snaturavano la vera essenza del vino e sui prezzi dei prodotti troppo alti per un valore non all’altezza del costo mettendo in seria difficoltà l’economia enologica. Parole sante, infatti oggi tutte le aziende puntano al mercato estero non avendo più un mercato interno forte, frutto anche della spocchiosa politica dei prezzi.

Nel 2010 Giacomo Tachis si ritirò definitivamente nella sua tenuta circondato dai suoi libri e già da allora a noi è cominciato a mancare ed oggi ancora di più.

Arrivederci Maestro.